Religione Pura by Rev. Tony Cooke

Religione Pura
Rev. Tony Cooke

pure religionIn accordo alla nostra attuale società, tollerante e politicamente corretta, l’ultima cosa al mondo che un Cristiano dovrebbe fare è dichiarare o fare intendere che la religione di una persona è migliore di quella di un’altra. Noi dovremmo abbracciare l’idea che tutte le espressioni religiose siano uguali e che tutte le strade conducano alla fine alla stessa destinazione. Fortunatamente, sembra che l’apostolo Giacomo non fosse stato “illuminato” da queste vedute, e che invece avesse delineato acutamente la distinzione tra religione “vana” e religione “pura e senza macchia”. Egli disse:
Giacomo 1:26-27
26 Se qualcuno fra voi pensa di essere religioso, ma non tiene a freno la sua lingua, certamente egli inganna il suo cuore, la religione di quel tale è vana. 27 La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puro dal mondo.
E’ interessante notare che le parole “religioso” e “religione” siano usate nell’intera Bibbia solo 7 volte (Versioni Diodati e Luzzi) e che 3 di questi casi si trovino nei due versetti appena citati.
Avete notato quanto velocemente le persone cerchino di evitare di essere etichettate con il termine “religioso”?

    • Alla fine degli anni ’70, vi era un famoso cantico dal titolo: “Non sono religioso; semplicemente amo il Signore”.
    • Non è insolito oggi trovare qualcuno che dica: “Non sono religioso, ma sono spirituale”.
    • Molti predicatori (tra cui il sottoscritto) hanno affermato qualcosa di questo tipo: “Gesù è venuto per portarci ad avere una relazione con Dio, non per stabilire una religione”.

Ci sono i pro e i contro a questo approccio. Io avverto un senso di cautela quando qualcuno dice: “Non sono religioso, ma sono spirituale”. Certamente, chi rifiuta di essere chiamato ‘religioso’ nutre comunque un profondo amore per Dio e per il Suo popolo, ma tiene semplicemente le distanze da certe pratiche ritualistiche morte o da sistemi di fede legalistici, poichè ha scoperto che, oltre a non essere scritturali, essi producono schiavitù. Ma mi chiedo se altri che negano di essere religiosi stiano semplicemente rifiutando di essere sottomessi a qualsiasi opportuna autorità biblica, scegliendo, al contrario, di fare qualsiasi cosa per conto proprio mentre abbracciano un miscuglio di convinzioni basate puramente su preferenze personali.
A questo punto diamo un’occhiata a quello che la Bibbia (Giacomo 1:26-27 in particolare) dice riguardo alla religione. Sembra logico concludere che, se esiste una religione vana, allora dovrebbe esistere anche una religione utile; e se c’è una religione pura e senza macchia, ci debba essere anche una religione impura e contaminata. Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di identificare i tratti di una religione che sia utile, pura e incontaminata.
Una religione utile, pura e incontaminata si può identificare attraverso queste quattro caratteristiche:

  • LA COMUNICAZIONE – Esercitare autocontrollo – In 1:26 Giacomo parla di una religione utile quando essa porti ad avere una lingua controllata, e prosegue in 3:2 dicendo che: “… coloro che controllano la propria lingua possono anche controllare se stessi in ogni altra situazione” (NLT). In altre parole, sembra che la capacità di controllare le proprie parole sia la chiave principale per essere in grado di esercitare autocontrollo in tutta la nostra vita. Mentre studiamo le Scritture, troviamo una lista dettagliata di “peccati verbali” (quali il pettegolezzo, la calunnia, la maldicenza, la lamentela, la maledizione, la blasfemia, la bugia, il vanto, la lusinga, ecc.). Il controllo della propria lingua, a ogni modo, non riguarda solo evitarne l’uso negativo, ma si riferisce anche al buon uso delle parole quando comunichiamo (per benedire, incoraggiare, edificare, ecc.). Questo è ciò che rende la lingua un “piccolo timone” (Giacomo 3:4) che conduce la nostra vita.
  • LA CONSAPEVOLEZZA – Evitare di ingannare se stessi – Nel contesto in cui parla del fallimento di un individuo che non controlli la propria lingua, Giacomo fa riferimento a una persona che “inganna il proprio cuore” (Giacomo 1:26). In 1:22 dice: “E siate facitori della parola e non uditori soltanto, ingannando voi stessi”. L’inganno è una percezione distorta. Quindi l’auto-inganno è una percezione distorta di se stessi. Il Fariseo che pregava: “Dio, ti ringrazio perchè io non sono come gli altri uomini…” (vedi Luca 18:11-14) pensava di essere migliore degli altri e di essere giusto davanti a Dio a motivo della propria religiosità e delle buone opere, ma Dio disse che egli non fu giustificato poichè innalzò se stesso. I Laodicei erano altresì auto-ingannati. Dicevano di essere ricchi e arricchiti e di non aver bisogno di nulla, ma Gesù li definì disgraziati, miserabili, poveri, ciechi e nudi (Apocalisse 3:17). Noi abbiamo bisogno di mettere in pratica quello che Paolo ha insegnato ai Corinzi: “Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede; provate voi stessi.” (2 Corinzi 13:5). Come possiamo provare noi stessi? Giacomo sostiene che non basta solo udire la parola, ma bisogna anche meditarla ed esserne facitori – applicare la parola nella nostra vita – per mantenerci liberi dall’inganno ed essere benedetti (1:22-25).
  • IL SERVIZIO – Prendersi cura degli afflitti – In 1:27 Giacomo identifica il “soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni” come una caratteristica della religione pura e senza macchia. A volte pensiamo che l’orfano sia un bambino che abbia perso entrambi i genitori, ma nonostante questa sia una corretta affermazione, nella cultura ebraica del tempo questa definizione andava molto oltre. Gli Ebrei consideravano orfano un bambino che avesse perso anche solo il padre. Un commentario specifica altresì: “Gli orfani e le vedove sono spesso raggruppati insieme perchè costituiscono le due classi sociali più esposte allo sfruttamento e quindi le più bisognose di aiuto e premura”. Qualsiasi cosa importante per Dio dovrebbe essere importante anche per noi; il Salmo 68:5-6 dice infatti: “Padre degli orfani e difensore delle vedove è DIO nella sua santa dimora. DIO fa abitare il solitario in una famiglia…”. Giacomo quindi non sta difendendo una “religione” semplicemente teologica, spirituale o devozionale. Egli è convinto che la religione pura sia quella che cerchi di aiutare coloro che sono feriti. Nel frangente in cui Giacomo e altri leader della chiesa di Gerusalemme riconobbero la grazia e il compito che Dio aveva assegnato a Paolo e Barnaba, a questi non venne solo offerta solidarietà morale, ma Paolo riferisce che venne anche loro raccomandato “… che ci ricordassimo dei poveri, proprio quello che anch’io mi ero proposto di fare” (Galati 2:10).
  • LA SEPARAZIONE – Mantenersi puri dal mondo – La quarta caratteristica che Giacomo identifica come una corretta espressione religiosa è la purezza personale. Giacomo non è nè apologetico nè poco chiaro riguardo alla corruzione e alla contaminazione dal mondo, in opposizione alla purezza e alla santità che Dio desidera per coloro che sono Suoi. In 1:21 (NLT) dice infatti: “Perciò liberatevi da tutto ciò che di lordo e malvagio ci sia nelle vostre vite, e accettate umilmente il messaggio che Dio ha seminato nei vostri cuori, perché esso è sufficientemente forte da salvare le vostre anime”. In 4:4 (NKJV) Giacomo rimprovera coloro che stavano cedendo al compromesso con il mondo: “Adulteri e adultere, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia contro Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio”. Anche Paolo sostiene questo stesso tipo di separazione e purificazione quando dice: “… purifichiamoci da ogni contaminazione di carne e di spirito, compiendo la nostra santificazione nel timore di Dio.” (2 Corinzi 7:1).

Nella descrizione che Giacomo presenta sulla religione utile, pura e incontaminata, egli ne affronta sia l’espressione interiore che quella esteriore. Quando parla di autocontrollo, di evitare l’auto-inganno e di mantenersi incontaminati dal mondo, egli tratta la vita interiore del credente. Quando parla di occuparsi degli orfani e delle vedove, invece, si riferisce all’espressione esteriore dell’amore di Dio attraverso il credente.
Sembra che alcuni vogliano approcciare questo argomento con una o l’altra attitudine: o si focalizzano sulla propria pietà personale, oppure sulle opere buone. Per esempio, studiando la Chiesa di Tiatira (Apocalisse 2:18-29), scopriamo che Gesù stava encomiando questi credenti perché erano maturati in opere, amore e servizio; ma essi abbondavano anche in immoralità e idolatria: si stavano comportando bene nell’area della compassione e delle opere caritatevoli, ma non davano ascolto all’ammonizione biblica riguardo al mantenersi incontaminati dal mondo. Altre persone, invece, sembra che siano profondamente preoccupate della propria spiritualità e santità, ma che non si curino affatto degli individui afflitti attorno a loro.

Giacomo non ci ha insegnato a scegliere tra santità personale e servizio compassionevole. Una religione utile, pura e incontaminata non offre una o l’altra opzione; essa al contrario le include entrambe. Potremmo avere un’inclinazione naturale verso uno dei due settori (devozione interiore o espressione esteriore), ma Dio vuole che cresciamo e siamo prosperi in entrambe le aree. Io non penso sia sbagliato dire: “Non sono religioso, ma sono molto spirituale” purchè abbondiamo in autocontrollo, evitiamo di ingannare noi stessi, ci prendiamo cura degli afflitti e ci manteniamo in personale santità. Ma se invece consideriamo noi stessi religiosi (nel senso giusto del termine), allora assicuriamoci di coltivare e crescere sinceramente in quelle discipline che Dio definisce utili, pure e incontaminate.